📰 Un cartello nuovo per una Pieve antica

Un nuovo cartello valorizza l’antica Pieve di San Remigio a Cavasso Un nuovo cartello valorizza l’antica Pieve di San Remigio a Cavasso In occasione dei festeggiamenti in onore del patrono San Remigio, è stato installato un nuovo cartello presso la Chiesa parrocchiale. Il pannello fornisce una breve spiegazione storica dell’edificio sacro, situato lungo Via di San Cristoforo. Il progetto rientra nelle iniziative di valorizzazione del cammino, coordinate e gestite da Montagna Leader, che ha curato la realizzazione del cartello in un formato coordinato con gli altri punti di interesse del percorso. Il supporto in legno preesistente è stato completamente rinnovato grazie all’impegno di Moreno e Luca Pessa, che ne hanno curato la levigatura e la ridipintura, conferendo all’insieme un aspetto rinnovato e molto gradevole. I visitatori e i pellegrini in transito avranno ora a disposizione un accenno alla storia centenaria di questo importante luogo. Si ringraziano tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione e Montagna Leader. Cammino San Cristoforo · Tappa 3

Agostino e il fico, i dubbi di agosto finiscono a settembre

Ulisse, Agostino e Leone XIV. Il tempo degli eroi A settembre ritorniamo a Sant’Agostino, quando fa riferimento all’albero di fico nel contesto della sua conversione: sotto un fico, si rifugiò in preda a una crisi spirituale e ascoltò la voce che gli diceva di prendere e leggere, conducendolo alla lettura di un passaggio della Bibbia che pose fine ai suoi dubbi e aprì il suo cuore alla fede. Questo episodio, descritto nelle sue Confessioni, è un momento cruciale nella sua vita, simboleggia la resa a Dio e la fine delle sue incertezze. Condividiamo un interessante e originale parallelo, che parte dai versi di Omero alle Confessioni di Sant’Agostino, passando per il pontificato di Leone XIV, descrive come il concetto di eroe attraversa i secoli assumendo forme e significati sempre nuovi. A settembre inizia un nuovo viaggio che parte dalla dolcezza dei fichi e arriva alla ricerca interiore, l’articolo esplora il legame profondo tra l’eroismo classico e la spiritualità, interrogandosi sul significato di “ritorno a casa” e sulla vera natura del destino umano. Nell’immagine qui sotto: La conversione di Sant’Agostino, Maestro di Uttenheim L’episodio del tolle et lege (da un altare a portelle con Storie di Sant’Agostino), 1455 circa, tempera e olio su tavola, Varna, Museo dell’Abbazia di Novacella. Quest’opera è una delle cose più belle e grandi ispirate alla sua vita. Si vede come è reso bene il fico, le sue foglie e i frutti… Ulisse, Agostino e Leone XIV. Il tempo degli eroi La fascia pedemontana della nostra regione è terra di fichi prelibati, piccoli, allungati, dall’aspetto delicato per via della buccia scura quasi un po’ traslucida, spesso ferita da una sottile spaccatura che fa presagire, dentro, la dolcezza del miele. Quest’anno gli alberi di fichi hanno donato generosamente frutti e ombra, e fra poco le loro foglie grandi, ruvide come la lingua dei gatti, diventeranno gialle e si seccheranno. Per terra sarà un letto croccante di foglie contorte su se stesse, come in un ultimo spasimo. Ha qualcosa di particolare, questo albero che sa crescere anche da una crepa nel cemento e in poco tempo diventare enorme adattandosi anche agli spazi più ostili. In questa sua tenacia e potenza sembra di scorgere una forza misteriosa, un’eco delle antiche virtù eroiche. “Ti ho visto sotto il fico”, si era sentito dire Natanaele, quando, trascinato dall’amico Filippo, era andato a conoscere per la prima volta Gesù, il Maestro. Si trattava del primo incontro tra i due, e Natanaele ci era arrivato scettico, quasi solo per accondiscendere all’insistenza di Filippo. Ma Gesù lo aveva stupito: gli aveva confidato di averlo già visto una volta, quando era sotto il fico. Non un fico, un generico fico fra i tanti. Ma il fico. Abbiamo quindi l’impressione che nel Vangelo quel fico abbia un significato particolare per entrambi, e che la conversazione prenda da qui in avanti una piega strettamente privata. Molte interpretazioni sono state date a questa immagine, ma nessuno come Agostino di Ippona ha saputo dare una spiegazione tanto profonda e viscerale, dedicando alla sua personale esperienza sotto al fico una delle più belle e toccanti pagine mai scritte. Racconta, infatti, di aver sentito un giorno, improvvisamente, il bisogno di isolarsi, come preso da un dolore interiore profondo, e di aver lasciato il suo amico Alipio, col quale stava seduto a chiacchierare, lì attonito e stupito, senza spiegazioni. Dice poi di essere andato a gettarsi sotto un fico poco distante e, protetto dall’ombra della chioma come a cercare nascondimento, di essersi lasciato andare a un pianto dirotto. Come non pensare all’entrata in scena di Ulisse nel poema omerico che celebra le gesta dell’eroe? La prima impresa narrata è il suo pianto. E anch’egli, apparentemente, sembra avere tutti i motivi per potersi dire appagato: un luogo meraviglioso come dimora, cibo raffinato, una dea innamorata a sua disposizione. Eppure Ulisse avverte un dolore interiore che è proprio la nostalgia di casa, di ciò a cui sente legato il suo destino. Ogni avventura eroica, in fondo, trova compimento nel ritorno a casa, perché esso è immagine di un rientro nell’anima, in se stessi. Dice infatti Agostino, rivolgendosi a Dio: “Sì, perché tu eri dentro di me e io fuori”. La storia dell’uomo è inevitabilmente il realizzarsi di un destino che chiama, di una Itaca che si fa sentire come nostalgia, come sete profonda, come mancanza. E Agostino piange, come ogni uomo che ad un certo punto fa i conti con se stesso. Gli sarebbero mai bastati i piaceri offerti dal mondo, la fama, la ricchezza? Lì, sotto al fico, urlava il suo dolore buttato a terra, mangiato a morsi dal bisogno di essere saziato interiormente, riconoscendo che tutto ciò che fino ad allora aveva riempito il suo desiderio di essere felice, era stato un inganno. Tutto era servito soltanto per tenerlo fuori da se stesso. “Quando dal più segreto fondo della mia anima l’alta meditazione ebbe tratto e ammassato tutta la mia miseria davanti agli occhi del mio cuore, scoppiò una tempesta ingente, grondante un’ingente pioggia di lacrime. Per scaricarla tutta con i suoi strepiti mi alzai e mi allontanai da Alipio, parendomi la solitudine più propizia al travaglio del pianto, quanto bastava perché anche la sua presenza non potesse pesarmi. In questo stato mi trovavo allora, ed egli se ne avvide, perché, penso, mi era sfuggita qualche parola, ove risuonava ormai gravida di pianto la mia voce; e in questo stato mi alzai. Egli dunque rimase ove ci eravamo seduti, immerso nel più grande stupore. Io mi gettai disteso, non so come, sotto una pianta di fico e diedi libero corso alle lacrime. Dilagarono i fiumi dei miei occhi, sacrificio gradevole per te, e ti parlai a lungo, se non in questi termini, in questo senso: “E tu, Signore, fino a quando? Fino a quando, Signore, sarai irritato fino alla fine? Dimentica le nostre passate iniquità “. Sentendomene ancora trattenuto, lanciavo grida disperate: “Per quanto tempo, per quanto tempo il “domani e domani”? Perché non subito, perché non in quest’ora la fine della

Sotto lo sguardo di Maria Regina, Cavasso si incontra in preghiera

La Messa della Beata Vergine Maria Regina Conosciuta in paese come “Madonna di Cavasso”, è un appuntamento tradizionale per la comunità locale e, insieme a quella di San Remigio, una delle celebrazioni più sentite del paese. Si tiene ogni anno la prima domenica dopo l’Assunta, un tempo occasione speciale per salutare gli emigranti prima della loro ripartenza. Quest’anno, la messa si è tenuta domenica 24 agosto, riunendo la comunità in un momento di fede e condivisione. Il pomeriggio è cominciato alle 17.00, quando i fedeli si sono radunati per la processione recitando Santo Rosario lungo le vie del paese. Alle 17.30 la Santa Messa in chiesa, la liturgia è stata un’opportunità per riflettere sulla figura della Vergine Maria e sulla sua importanza nella vita dei credenti. Al termine della celebrazione, i fedeli presenti si sono riuniti per un momento di convivialità, un’occasione per condividere la gioia di stare insieme in semplicità.

Frate Leone… i luoghi e le persone nel cuore

Il saluto di Frate Leone, 22 agosto 2025 La mia storia scritta sui volti e nei luoghi che ho amato Un intreccio di relazioni e ricordiSe ripenso ai miei 81 anni di vita, mi accorgo che il mio percorso è segnato dall’incontro con un piccolo numero di persone e luoghi che, nel tempo, sono diventati i pilastri della mia esistenza.Sono ambiti in cui abbiamo vissuto, sofferto e gioito insieme, condividendo un pezzo di strada. Ricordo con affetto la figura dei parroci, che un tempo rappresentavano un punto di riferimento definito e ben radicato nella comunità, dove si formava un forte senso di famiglia, fatto di legami indissolubili. Ho sempre cercato di tornare in punta di piedi nei luoghi dove ho vissuto, non per giudicare o per fare paragoni, ma per osservare con gioia e rispetto l’evoluzione delle persone e delle situazioni.Rivedere quei volti, specialmente nella casa di riposo, mi riempie il cuore. Sono brevi visite, ma mi permettono di riallacciare un filo di quelle relazioni più calde, un tempo così intense. Fanna, un luogo che sento mio Torno spesso a Fanna, un luogo che sento mio. Ci vado perché, dopo tanti anni, quel posto continua a darmi pace. Sotto il monte Raut, tra colline e tanto verde, trovo una solitudine che rigenera lo spirito. È una geografia unica nel Friuli, e la lingua che ho imparato a conoscere mi ha aiutato a capire l’anima più profonda di questa terra.Rivedere i volti e ripercorrere le storie mi regala gioia e ristoro. Osservo con discrezione e felicità le virtù e le bellezze che altri hanno saputo costruire. Le mie non sono apparizioni, ma ritorni necessari: sento che il tempo stringe e voglio rivedere i luoghi, come Fanna, che hanno segnato il mio cammino.Quella sensibilità per la sofferenza umana e il bisogno infinito di stare in relazione con gli altri, come compagni di viaggio, mi ha sempre contraddistinto, fin dal mio primo ministero. E ogni volta che torno, c’è un’altra tappa irrinunciabile: la visita a Madonna di Strada, che è stata parte importante del mio percorso spirituale. Frate Leone Nelle foto Frate Leone tra noi, concelebrante della Santa Messa a San Silvestro assieme ai nostri parroci il 22 agosto 2025. La presenza dei frati Francescani a Fanna (1998-2012) Dal 1998 al 2012, i frati hanno svolto un ruolo centrale a Fanna. Inizialmente in cinque, assunsero la guida della parrocchia di San Martino e del Santuario di Madonna di Strada. Questa comunità non si limitava solo al servizio parrocchiale; fungeva anche da centro vocazionale e di accoglienza. La loro presenza si ridusse nel tempo, e alla fine del 2012, anno della loro partenza, la comunità era composta da quattro religiosi. Semplicità e servizio: il segno indelebile dei Frati Francescani nel cuore di Fanna A distanza di anni, il ricordo dei frati francescani che hanno animato la nostra parrocchia di Fanna dal 1998 al 2012 è ancora vivo e suscita un affetto sincero in molti di noi. La loro presenza è stata, ai tempi, una vera ventata di freschezza, dimostrandoci che la Chiesa può essere anche giovane, dinamica, e non solo un luogo per le generazioni più anziane. Con la loro gioia e la loro energia, hanno coinvolto tante persone, rendendo le celebrazioni non solo più intense e curate, ma momenti di vera e sentita comunione. La loro testimonianza andava oltre la liturgia. La Canonica si trasformò in un autentico punto di incontro: un luogo aperto dove si poteva parlare, ridere e mangiare insieme, dove la porta era sempre aperta per accogliere chiunque. Non era solo un edificio, ma il cuore pulsante della comunità. Ogni frate ha lasciato un segno, dimostrando con i fatti che la semplicità e il servizio sono la via per arrivare al cuore delle persone. Sono stati anni preziosi che conserviamo gelosamente. Un grazie grande per la fede e la gioia che ci hanno donato! Ringraziamo Elena Piccoli per le foto

Tra fiamme e stelle: San Lorenzo, un santo sotto il cielo d’agosto

San Lorenzo: L’uomo, il martire, la notte dei desideri Quando il cielo estivo si accende di scie luminose, i nostri pensieri corrono subito a San Lorenzo. Ma chi era davvero questo giovane diacono, martirizzato a Roma e legato per sempre alla notte più suggestiva dell’anno?Spesso lo immaginiamo sulla graticola, simbolo del suo sacrificio estremo. Ma la sua storia è molto più profonda. Lorenzo, custode dei tesori della Chiesa, osò sfidare l’imperatore Valeriano. Richiesto di consegnare le ricchezze, egli non portò oro e argento, ma i poveri, i malati, le vedove: la vera ricchezza di Cristo.È in questo gesto che risiede la sua figura più autentica e rivoluzionaria: un uomo che ha trasformato il concetto di tesoro, dimostrando che la carità vale più di qualsiasi forziere.E le stelle cadenti? Non sono solo le lacrime del suo martirio. Sono, secondo una tradizione meno nota, i carboni ardenti della graticola, lanciati nel cielo da Dio per rendere omaggio al suo fedele servitore. Un atto di giustizia divina che ha trasformato il dolore in uno spettacolo di bellezza eterna.Ecco perché San Lorenzo non è solo il patrono dei cuochi e dei librai, ma è soprattutto il patrono di tutti coloro che cercano la vera ricchezza, che hanno il coraggio di sfidare le convenzioni e che vedono la luce anche nell’oscurità più profonda. La sua storia ci insegna a guardare il cielo, non solo per ammirare le stelle, ma per trovare la nostra stessa scintilla di coraggio. All’interno della chiesetta, un suggestivo affresco che raffigura proprio il martirio di Lorenzo serve da promemoria visivo di questo sacrificio e di questo profondo messaggio di carità. La piccola chiesa di San Lorenzo, incastonata in via Vittorio Veneto a Cavasso Nuovo, racchiude una storia affascinante che affonda le radici nel XV secolo. Anche se la festa del santo cade il 10 agosto, giorno in cui la liturgia ha dovuto cedere il passo alla domenica, la messa in onore di San Lorenzo è stata celebrata l’11, nella cappella annessa alla dimora della famiglia Longo, proprietaria di questo piccolo gioiello. All’interno della chiesetta, il tempo sembra essersi fermato, con un magnifico affresco che cattura un momento drammatico e potente: il martirio del diacono Lorenzo. La narrazione di questo evento, avvenuto a Roma nel III secolo sotto l’imperatore Valeriano, è stata al centro dell’omelia di don Adrian, che ha saputo rendere vivo e attuale l’esempio di questo santo. La celebrazione con Don Riccardo e Don Adrian, e proprio quest’ultimo, durante l’omelia, ha saputo catturare l’attenzione dei presenti con una narrazione suggestiva. Don Adrian ha ripercorso la storia del diacono Lorenzo, martirizzato a Roma nel III secolo durante le persecuzioni dell’imperatore Valeriano. Ha raccontato di come l’imperatore, avido dei tesori dei cristiani, abbia preteso da Lorenzo che glieli mostrasse. La risposta del santo fu un gesto di sublime generosità: non monete o preziosi, ma i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi, presentati come il vero tesoro della nascente Chiesa. Don Adrian ha ricordato come l’imperatore, avido e sospettoso, avesse chiesto a Lorenzo di mostrargli i tesori della Chiesa. La risposta di Lorenzo fu una dimostrazione di fede e coraggio che ancora oggi risuona potente: invece di oro e gemme, presentò all’imperatore i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi, proclamando con audacia che questi erano i veri tesori della comunità cristiana. San Lorenzo, con il suo gesto, non solo ha sfidato il potere, ma ha offerto un esempio sublime di generosità e carità. La sua vita, terminata nel martirio, è un faro che illumina ancora oggi il cammino di chi cerca un modello di fede autentica. L’omelia ha sottolineato come la figura di San Lorenzo ci insegni a mettere i poveri al centro, a donare la vita per il Vangelo e a riconoscere la dignità in ogni persona, specialmente nelle più vulnerabili. La storia di questa piccola cappella e del suo santo protettore è un promemoria potente di come la fede possa trasformare la vita e di come la carità, più di ogni altra ricchezza, sia il vero e duraturo tesoro. Curiosità su San Lorenzo Se la storia di San Lorenzo ci ha incuriosito, ci sono altri aspetti affascinanti che la rendono ancora più interessante: Il Patrono dei bibliotecari e dei cuochi: San Lorenzo è il patrono di categorie molto diverse tra loro. È considerato il protettore dei cuochi e dei rosticcieri a causa del suo martirio sulla graticola. Al tempo stesso, è anche patrono dei bibliotecari, perché gli fu affidata l’amministrazione dei beni della Chiesa di Roma, che includevano anche i libri sacri e i documenti. Le “lacrime di San Lorenzo”: La pioggia di meteoriti che si verifica intorno al 10 agosto è popolarmente conosciuta come “lacrime di San Lorenzo”. Si narra che siano le lacrime versate dal santo durante il suo martirio o, in un’altra interpretazione, i carboni ardenti della graticola da cui si levò al cielo. San Lorenzo e il Papa: Fu uno dei sette diaconi di Roma, ovvero i più alti esponenti della gerarchia clericale dopo il Papa. A Lorenzo era affidata la gestione dei beni della Chiesa, un ruolo di grande responsabilità che lo portò a scontrarsi con l’avidità delle autorità romane.

Chiedete, cercate, bussate: la preghiera vi trasformerà il cuore

«Signore, insegnaci a pregare» L’invito di Gesù! Non una tecnica, ma una relazione vera: il cuore della preghiera Oggi, domenica 27 luglio, il Vangelo ci mostra Gesù in preghiera. (Lc 11,1-13) La preghiera era il centro della sua vita. Gli evangelisti ci raccontano che la sua giornata iniziava sempre con un momento di preghiera, ritirandosi in un luogo appartato per una comunione intima con suo Padre. Prima dei momenti più importanti, lo vediamo persino pregare per un’intera notte. Gli apostoli, così vicini a Lui, potevano osservare la straordinaria qualità e bellezza di questa preghiera. Per questo gli chiesero: “Signore, insegnaci a pregare”. Gesù non diede una risposta astratta, né insegnò loro una tecnica, ma li invitò a una comunicazione diretta con il Padre. Come diceva Papa Francesco, in questo modo suscita in loro la nostalgia di una relazione personale con Dio. Questa frase mi colpisce profondamente, perché nel cuore sentiamo tutti la nostalgia, il desiderio, di una relazione con Dio che non sia solo virtuale, rituale o meccanica, ma il dono di una persona a un’altra, di Colui che ci ama. Gesù invitò gli apostoli, e invita anche noi, a una comunione con Dio Padre, con la fiducia che riceveremo il suo amore filiale. Egli ci dona questa comunione personale attraverso le parole del Padre Nostro. La versione di San Luca è più breve di quella che troviamo nel Vangelo di San Matteo, eppure contiene già tutti gli elementi fondamentali: la lode del Padre, la dedicazione al Suo regno e alla Sua volontà, la richiesta per i nostri bisogni quotidiani, la disponibilità a perdonare e a essere perdonati, e la richiesta di protezione morale. Il Padre Nostro racchiude tutto ciò che dobbiamo dire a Dio. Basta provare a pregarlo con il cuore, con sincerità, meditando a fondo su ogni singola frase. Cosa significa davvero dire “Padre Nostro”? Dopo averci donato questa preghiera, Gesù ci insegna cosa significa avere Dio come Padre. Non è come l’amico della parabola, quello che inizialmente non voleva dare i tre pani al vicino arrivato all’improvviso, e che cedette solo per l’insistenza dell’amico. Il nostro Padre non è così. Lui è più buono e generoso di tutti i padri terreni, che, come sappiamo, non darebbero mai uno scorpione al figlio che chiede un uovo. Perciò, Gesù ci invita a chiedere, cercare, bussare! Spesso, quando sentiamo questo invito, pensiamo: “Ma non ricevo sempre ciò che chiedo!”. Possiamo davvero pretendere di ottenere tutto ciò che vogliamo? O c’è un mistero che va oltre il nostro controllo? Noi non possiamo controllare Dio! Eppure Gesù ripete: “Chiedete e vi sarà dato”. Forse non riceveremo esattamente ciò che vogliamo, ma il Padre donerà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono. Lo Spirito Santo ci sosterrà in ogni crisi, in ogni circostanza. Dovremmo essere più consapevoli delle grazie e delle benedizioni che abbiamo già ricevuto. Sono davvero tante, e io credo che la preghiera di ringraziamento ci apra alla grazia di Dio. Tra poco andremo all’altare per l’Eucaristia, una parola che significa anche ringraziamento. “In alto i nostri cuori, rendiamo grazie a Dio, perché è buono e giusto!” È giusto ringraziarlo per la vita, per il mondo meraviglioso che ci ha donato, per i nostri parenti e amici. È giusto ringraziarlo per la fede in Dio Padre, per Gesù Cristo che è venuto a noi e ci indica la strada vera da percorrere in questa vita. In uno spirito di ringraziamento, possiamo anche esprimere (come fece Abramo) i nostri bisogni e ciò che attualmente ci pesa sul cuore. Padre Nostro, aiutaci! don Adrian Toffolo

Modifica orari Sante Messe · Estate 2025

Modifica orari sante messe • Estate 2025 La vita parrocchiale in cammino… Un passo alla volta Considerata la partecipazione alle ultime messe, la nostra comunità è costante nella fede. Ogni chiesa ha offerto un’esperienza unica e speciale, dimostrando quanto sia prezioso per noi ritrovarci e celebrare insieme. È incoraggiante vedere come, anche di fronte a piccoli cambiamenti, la frequenza non venga mai meno. A San Silvestro: intimità e armonia Prima messa a S. Silvestro, 11 luglio, ore 18 La messa a San Silvestro è stata un successo. L’atmosfera intima e l’armonia che si è creata hanno reso la celebrazione davvero coinvolgente e sentita. Se questa esperienza potesse continuare e diventare un appuntamento fisso, sarebbe un grande dono per tutti noi. Rosy A Orgnese: la bellezza di sentirsi a casa Prima messa a Orgnese, 12 luglio, ore 18.30 La chiesa di Orgnese ci ha accolti in un’atmosfera familiare, come se fossimo una grande famiglia riunita. È stato emozionante vedere la meraviglia negli occhi di chi l’ha scoperta per la prima volta, ammirandone la bellezza e l’accoglienza. Un’occasione per apprezzare, ancora una volta, la ricchezza dei luoghi che la nostra comunità ha la fortuna di avere. Sonia e William A Cavasso: accogliere il nuovo con fiducia Prima messa a Cavasso, 12 luglio, ore 9 Il cambiamento d’orario a Cavasso ha rappresentato una piccola sfida, ma la vostra presenza costante ha dimostrato una grande apertura. Anche se all’inizio può essere difficile abituarsi a una novità, la vostra partecipazione ha confermato che l’importante è la voglia di esserci. Insieme, un passo dopo l’altro, possiamo affrontare e superare qualsiasi cambiamento. parrocchiani di Cavasso «Erano perseveranti nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere». Atti degli Apostoli 2, 42 ATTENZIONE MODIFICA ORARI SANTE MESSE NEL PERIODO ESTIVO (dall’11 luglio al 15 settembre) Considerando l’assenza di don Alex e la minore partecipazione alle Sante Messe durante il periodo estivo, i parroci insieme ai Consigli Pastorali riuniti di Fanna e Cavasso Nuovo hanno valutato alcune variazioni nell’orario e nel luogo delle celebrazioni. Per poter vivere delle celebrazioni curate e vissute con un senso di familiarità e di comunità sia importante trovare tempi e luoghi che favoriscano la partecipazione attiva dei fedeli. I cambiamenti inizieranno a partire da venerdì 11 luglio: Venerdì: Messa feriale nella chiesetta di S. Silvestro alle ore 18.00 Sabato: unica Messa prefestiva per Fanna e Cavasso Nuovo a Orgnese alle ore 18.30 Domenica: a Cavasso anticipata alle ore 9.00 a Fanna rimane alle ore 10.30 al Santuario Madonna di Strada rimane alle ore 9.00 e alle ore 18.00 Alcune attenzioni: Le intenzioni già ordinate per sabato sera sia a Fanna che a Cavasso verranno celebrate insieme nella messa di Orgnese. Così anche le intenzioni richieste la domenica a Orgnese. NB: se per qualsiasi motivo i richiedenti le intenzioni volessero cambiare luogo od orario ci facciano sapere. Per le celebrazioni di venerdì a S.Silvestro e di sabato sera a Orgnese, ci stiamo organizzando per dare un passaggio alle persone anziane che erano abituate a muoversi a piedi. Chi avesse bisogno ci faccia sapere. I cambiamenti riguardano solo il periodo estivo (fino a fine agosto). Vi chiediamo un aiuto per diffondere gli orari aggiornati. Eventuali suggerimenti sono ben accetti. Le messe dal lunedì al giovedì rimangono  sempre allo stesso orario e luogo. Modifica orari Sante Messe periodo estivo (luglio e agosto) Considerando l’assenza di d.Alex e la minore partecipazione alle S.Messe durante il periodo estivo, i parroci insieme ai Consigli Pastorali riuniti di Fanna e Cavasso Nuovo hanno valutato alcune variazioni nell’orario e nel luogo delle celebrazioni. Abbiamo valutato insieme che per poter vivere delle celebrazioni curate e vissute con un senso di familiarità e di comunità sia importante trovare tempi e luoghi che favoriscano la partecipazione attiva dei fedeli. I cambiamenti inizieranno a partire da venerdì 11 luglio: Venerdì: Messa feriale nella chiesetta di S. Silvestro alle ore 18.00 Sabato: unica Messa prefestiva per Fanna e Cavasso Nuovo a Orgnese alle ore 18.30 Domenica: a Cavasso anticipata alle ore 9.00 a Fanna rimane alle ore 10.30 al Santuario Madonna di Strada rimane alle ore 9.00 e alle ore 18.00 Alcune attenzioni: Le intenzioni già ordinate per sabato sera sia a Fanna che a Cavasso verranno celebrate insieme nella messa di Orgnese. Così anche le intenzioni richieste la domenica a Orgnese. NB: se per qualsiasi motivo i richiedenti le intenzioni volessero cambiare luogo od orario ci facciano sapere. Per le celebrazioni di venerdì a S.Silvestro e di sabato sera a Orgnese, ci stiamo organizzando per dare un passaggio alle persone anziane che erano abituate a muoversi a piedi. Chi avesse bisogno ci faccia sapere. I cambiamenti riguardano solo il periodo estivo (fino a fine agosto). Vi chiediamo un aiuto per diffondere gli orari aggiornati. Eventuali suggerimenti sono ben accetti. Le messe dal lunedì al giovedì rimangono  sempre allo stesso orario e luogo.

Alpini a Fanna: una tradizione che celebra legami e ricordo

Comunità e natura si incontrano… per tradizione SANTA MESSA CON IL GRUPPO ALPINI DI FANNASabato 28 giugno 2025, ore 10.30 Ogni anno, da 13 anni, la comunità si riunisce a Sottila per un evento speciale: la messa annuale al capitello di Santa Maria. Ancora una volta, questa tradizione ha dimostrato il forte legame e il senso di appartenenza che uniscono la comunità, la partecipazione è stata come sempre numerosa e sentita. La Santa Messa con gli alpini di Fanna, e la presenza degli Alpini di Cavasso, di diverse autorità e numerosi cittadini, immersa nella tranquillità del bosco, è stata resa ancora più suggestiva dai suoni armoniosi del bosco. In un luogo così sereno, molti hanno testimoniato di sentirsi più vicini a Dio e alla Madonna, a cui il capitello è dedicato. Il capitello è stato restaurato tra aprile 2011 e giugno 2012, grazie alla dedizione di volontari, di Alpini e al generoso supporto di aziende locali. L’evento di quest’anno, non è stato solo un’occasione per celebrare una tradizione, ma anche per onorare la memoria del soldato Vittorio Pagura, tragicamente scomparso a Bari. Un ringraziamento speciale va a tutti coloro che, con passione, si prendono cura di questo angolo di natura, mantenendolo pulito e accogliente. La giornata si è conclusa in bellezza con un momento conviviale a Casa Marchi, dove il Gruppo Alpini ha avuto il piacere di ospitare tutti i partecipanti per condividere un momento di allegria e unione.

Fame, pane, corpo: in Cristo il nostro poco basta per tutti

22 giugno 2025 Corpus Domini La solennità di oggi ci porta all’attenzione tre parole molto concrete: Fame, Pane e Corpo. # Fame Sensazione che tutti proviamo, oggi meno di un tempo e qui meno che in altre zone del mondo. Tuttavia, la fame ci riconsegna un dato fondamentale della nostra vita: che abbiamo bisogno di nutrirci, di andare in cerca di cose che possano alimentare la nostra vita. C’è la fame di cibo, quella per cui i discepoli si preoccupano, ma il fatto stesso che ci siano uomini e donne disposti ad andare da Gesù in una zona deserta per sentir parlare del Regno di Dio e per ricevere guarigione ci dice che ci sono anche altre fami: potremmo chiederci oggi: “di che cosa ho fame?” Di affetto, di stima, di considerazione, di sentirmi utile, di qualcuno che mi ascolti… È importante capire quale fame ci abita, perché questa ci spinge a muoverci, come le folle si muovono per andare dietro a Gesù. # Pane Il pane che Gesù dà alle folle è un pane strano: sono solo 5 pagnotte per 5.000 uomini, cioè poco più di una briciola a ciascuno, eppure succede l’impensabile: basta per tutti, ne mangiano a sazietà e ne avanzano pure dodici ceste! Questo pane moltiplicato però Gesù non ce l’aveva in tasca, era dei discepoli che glielo hanno messo a disposizione. Potremmo dire, paradossalmente, che se i discepoli non avessero accettato di mettere a disposizione di Gesù quei cinque pani e quei due pesciolini il miracolo non sarebbe accaduto. E questo parla a noi: potremmo sentirci impotenti di fronte al mondo che crolla, alla fame nel mondo, alla guerra, alle divisioni nelle famiglie: in fondo è così poco quello che possiamo mettere. Eppure, il vangelo di oggi ci dice che quel poco che possiamo fare, messo nelle mani di Gesù, può diventare tantissimo. Le briciole di bene che abbiamo si possono moltiplicare e diventare cibo a sufficienza per sostenere la nostra vita e quella degli altri, però a due condizioni: che non le teniamo per noi, ma che accettiamo di condividerle, e che le mettiamo con fede nelle mani di Gesù # Corpo Il terzo elemento è il corpo: la nostra fede ci dice che il pane che spezziamo nell’Eucarestia è il corpo di Gesù. Il corpo è il luogo dove abitiamo per tutta la nostra vita: non possiamo dire di aver fatto niente o di essere qualcuno senza il nostro corpo. Viviamo in questo mondo un’esistenza corporea. Il corpo è quindi per ogni uomo (e quindi anche per Gesù) il compendio della sua vita. Quando pensiamo al “corpo di Gesù” presente nell’eucarestia dobbiamo pensare alla somma dei suoi gesti, dei suoi atteggiamenti, dei suoi pensieri, delle sue scelte, della sua fede incrollabile nel Padre, fino alla scelta di donare totalmente la sua vita per noi. Dall’inizio dell’essere umano sulla terra, secondo un recente studio, su questo pianeta hanno vissuto ben 100 miliardi di esseri umani. Che differenza potrà mai fare un solo di questi esseri umani? Meno di zero. Eppure, noi crediamo che con la storia di Gesù di Nazareth la storia sia cambiata, al punto tale che continuiamo a perpetuare la memoria viva del suo gesto di amore spezzando il pane e ripetendo le sue parole. Poco quindi, poco pane, poche forze di un solo essere umano, nelle mani di Dio può diventare tanto, tantissimo. Dal nulla il Signore può trarre il cibo per le moltitudini. Ma non può farlo da solo: ha bisogno che accettiamo di donargli il nostro niente.  Quale fame, oggi mi muove? Quale cibo cerco? Cos’è quel poco che posso mettere in gioco per il bene di chi mi sta accanto? Ho fede che nutrendomi alla mensa del corpo del Signore questo suo dono d’amore possa trasformarmi continuamente? don Riccardo domenica 22 Giugno 2025 SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO – SOLENNITÀ 

«Voi stessi date loro da mangiare»

Corpus Domini Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». C’erano infatti circa cinquemila uomini. 22 giugno 2025 Per Gesù, vita spirituale e vita materiale non si separano, anzi si integrano e la responsabilità di questa integrazione appartiene ad ogni fratello e sorella che ha incontrato Gesù di Nazareth nell’itinerario della propria esistenza. Uno di questi tanti fratelli che ha trovato il nazzareno si chiama Helder Camara. Quando io do da mangiare a un povero, tutti mi chiamano santo.Ma quando chiedo perché i poveri non hanno cibo, allora tutti mi chiamano comunista” diceva mons. Hélder Câmara, e proprio per questa sua frase è stato definito il “Vescovo rosso”. Câmara è stato uno dei vescovi latinoamericani più amati, grazie alla sua passione per una Chiesa povera e dei poveri, alla sua attenzione per le persone e alla sua fede incarnata. Il ritratto di un pastore che può essere certamente considerato un precursore di Papa Francesco. Richiamava mons. Hélder Câmara: ‘Quando il tuo battello comincerà a mettere radici nell’immobilità del molo – prendi il largo! Parti!’. Nato nel 1909 e morto il 27 agosto 1999, Câmara ha speso la sua vita per aiutare in modo concreto le persone bisognose, dando il massimo impegno per rendere la Chiesa più fedele a quella di Gesù: “Una Chiesa povera per i poveri”, diceva lui, anticipando di qualche anno il messaggio che divulgava quotidianamente Bergoglio. Nel 1964 – anno del golpe che instaura il regime militare in Brasile – Câmara viene nominato arcivescovo di Recife, capitale del Pernambuco, nel Nord-Est, la regione più povera del Paese. Il giorno dell’ingresso ufficiale, il nuovo arcivescovo non vuole essere accolto dentro la cattedrale, ma sulla piazza, in mezzo alla gente. Negli anni successivi l’impegno di mons. Hélder a servizio dei più deboli continuerà senza sosta, con prese di posizione coraggiose che lo renderanno famoso in tutto il mondo. Una frase riassume efficacemente il senso profondamente evangelico delle sue battaglie: “La rivoluzione sociale di cui il mondo ha bisogno non è un colpo di Stato, non è una guerra. È una trasformazione profonda e radicale che suppone Grazia divina”. Un altro tratto che avvicina Câmara a Papa Francesco è lo stile di sobrietà e la distanza da quella mondanità che molte volte Bergoglio ha indicato come uno dei mali della Chiesa attuale. Certo, assumere questo atteggiamento, soprattutto a favore e per i poveri, può creare dei fastidi a chi, invece, vorrebbe mantenere lo status quo. Ce ne chi vuole un’attenzione al povero ma solo e semplicemente in chiave assistenziale non mettendo in discussione il sistema globale che crea ingiustizie. Per Câmara il cristiano “non è un uomo migliore degli altri, ma ha più responsabilità degli altri, perché aver incontrato il Cristo è la massima responsabilità”. Una responsabilità che deve portare, come scrive in una sua bella poesia, “Oltre te stesso. Sei vestito di te da ogni parte. Per liberarti da te stesso, lancia un ponte sopra l’abisso della solitudine che il tuo egoismo ha scavato. Cerca di vedere oltre te stesso. Tenta di ascoltare qualcuno e, soprattutto, tenta lo sforzo di amare, invece, semplicemente di amarti… se vuoi essere, allora – perdonami – prima di tutto devi sbarazzarti della gran voglia di possedere che talmente ti riempie dalla testa ai piedi da non lasciare più posto per te e tanto meno per Dio”. don Alex domenica 22 Giugno 2025SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO – SOLENNITÀ  NOTE BIBLIOGRAFICHE Fonte: Dire-Agenzia di stampa nazionale Papa Francesco ricorda mons. Câmara, il ‘vescovo rosso’ROMA – “Quando io do Pubblicato:16-05-2016 18:37Ultimo aggiornamento:16-12-2020 22:44Autore: Michele Bollino #pane, #HélderCâmara, #PapaFrancesco, #moltiplicazionePaniPesci, 

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