17 agosto 2025
Non pace, ma divisione: una fede appassionata
Quella di oggi è una di quelle pagine di vangelo che sono abbastanza impegnative da ascoltare, a partire da questa affermazione di Gesù, che ha il sapore di una provocazione: Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione.
A sentire queste parole ci verrebbe da dire “ma Gesù, per favore, calmati un attimo: è metà agosto, fa caldo, è domenica, ma cosa vai a dire che sei venuto a gettare fuoco sulla terra? Siamo in atmosfera di vacanze, vorremmo stare un po’ in pace, e tu ci dici che non sei venuto a portare la pace. Il mondo è pieno di guerre e di contrasti e tu pure rincari la dose, dicendo che nelle famiglie si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera!
Tu sei Gesù, non dovresti dire queste cose!
Ma perché Gesù dice queste cose? In che senso non è venuto a portare la pace, ma la divisione?
Fermiamoci un attimo sulle prime due frasi del vangelo di oggi: Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto!
Queste due frasi ci aprono uno squarcio nell’interiorità e nella vita emotiva di Gesù, un uomo che vive il desiderio e l’angoscia.
Innanzitutto il desiderio: Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei (desidero) che fosse già acceso!
Questo fuoco bruciante che Gesù vuole accendere è l’incendio dell’amore di Dio, il fuoco dello Spirito Santo a Pentecoste. Risuonano nelle nostre orecchie le parole al c 22, prima dell’ultima cena: Gesù dice ai suoi ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi prima di andare al Padre.
Gesù, dunque, è un uomo mosso da un desiderio che lo infiamma, che lo fa scalpitare, che lo mette in moto: desidera realizzare il progetto di Dio, il Regno di Dio. Desidera accendere l’amore di Dio nelle persone che incontra.
Veniamo poi al secondo sentimento, quello dell’angoscia: Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto!
Questo battesimo di cui parla Gesù non è il rito del battesimo di Giovanni, ma è un modo per parlare della sua morte e resurrezione.
Gesù si immergerà nelle acque oscure della morte per poi riemergere da risorto.
Tutti i racconti della passione ci riportano il momento drammatico del Getsemani, dove Gesù prova tristezza e angoscia, e addirittura vorrebbe sottrarsi.
Desiderio e angoscia sono collegati.
Perché per poter portare a compimento il progetto di Dio, per poter accendere sulla terra l’incendio del suo amore Gesù sa che deve passare attraverso il battesimo della morte.
E questo è profondamente vero per tutti noi: di solito le cose che più ci stanno a cuore, che più desideriamo, richiedono sempre dei passaggi difficili, di sacrificio, che ci mettono in difficoltà.
Desiderio e angoscia sono le due facce del futuro che scegliamo.
Una coppia che mette al mondo dei figli: c’è il desiderio del loro bene, ma anche un po’ di angoscia e preoccupazione per il loro futuro.
Una persona che intraprende un’attività lavorativa: desiderio di costruire un progetto che ci piace e angoscia, perché richiederà sacrificio, perché potrebbe fallire…
Desiderio e angoscia sono le due facce della passione.
Quando qualcuno è appassionato di qualcosa allora inevitabilmente prova nel suo cuore due sentimenti: un desiderio bruciante, come un fuoco, ma anche una buona dose di preoccupazione e di angoscia.
E questa tensione è sana, perché fa parte di una vita viva.
La fede di Gesù è così: è alimentata da questa tensione, è viva.
In passato alcuni filosofi sostenevano che la religione è l’oppio dei popoli, una sorta di sedativo per tenere buone le masse, facendo sì che sopportassero le difficoltà del tempo presente con la promessa della felicità nell’aldilà.
Ecco per Gesù la fede è l’esatto contrario: non è un sedativo o un palliativo, ma è un fuoco.
Non ti addormenta, ma ti sveglia.
Non ti fa stare tranquillo, ma ti costringe a camminare.
Capiamo allora perché Gesù è così violento e duro nelle sue affermazioni: non è violento, è appassionato!
E quando si ha vicino una persona appassionata possono succedere due cose: o ci si lascia entusiasmare e coinvolgere dalla sua passione, oppure questa ci da tremendamente fastidio.
È quello che capita nella prima lettura, in cui il regno di Giuda entra in guerra. E c’è un uomo, il profeta Geremia, a cui il Signore ha affidato la missione di avvertire il popolo che si sono schierati dal lato sbagliato, che la loro posizione è infelice, che non dovrebbero scendere in battaglia.
Geremia sa che le cose andranno a finire male, potrebbe decidere di scappare, e invece, proprio perché ha un cuore appassionato e tiene al suo popolo decide di parlare.
Il risultato? Dà fastidio
Si metta a morte Geremìa, appunto perché egli scoraggia i guerrieri che sono rimasti in questa città e scoraggia tutto il popolo dicendo loro simili parole, poiché quest’uomo non cerca il benessere del popolo, ma il male
Ma come Geremia, tu sei un profeta, tu non dovresti dire queste cose, dovresti sostenere la causa del tuo re, non scoraggiare il popolo.
E invece Geremia parla, perché ha a cuore non tanto di preservare una pace di facciata, dove tutti dicono “signorsì” e intanto vanno incontro al baratro, ma ha a cuore il bene del suo popolo.
E per perseguire il bene crea divisione, dà fastidio, come Gesù.
Cosa ci dice il vangelo di oggi?
Che la fede di Gesù era animata da una grande passione per il progetto del Regno di Dio, da una grande passione per il Bene.
Questa passione comporta un grande desiderio e una grande inquietudine, una grande angoscia.
Questa passione, se uno la vive, può dare fastidio, al punto da causare rotture e divisioni.
Per questo chiediamoci: com’è la nostra fede? È una fede che tutto sommato mi lascia tranquillo, oppure è una fede che mi muove? È una fede “sedativo” oppure è una fede appassionata?
È una fede che va bene a tutti, o una fede che ogni tanto mi fa dire anche qualcosa fuori dal coro, ogni tanto mi fa essere un po’ scomodo?
Ci fa bene chiedercelo ogni tanto, perché questo ci aiuta a ravvivare in noi il fuoco. Le parole della Lettera agli Ebrei ci fanno da guida:
Fratelli, anche noi, circondati da tale moltitudine di testimoni, dai santi che hanno dato la vita per Gesù e per il vangelo, avendo deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento.
Sì, perché Gesù non è rimasto tranquillo, ma mosso dalla sua passione per il progetto di Dio di fronte alla gioia che gli era posta dinanzi, si sottopose alla croce, disprezzando il disonore, e siede alla destra del trono di Dio.
Pensate attentamente a colui che ha sopportato contro di sé una così grande ostilità dei peccatori, perché non vi stanchiate perdendovi d’animo. Non avete ancora resistito fino al sangue nella lotta contro il peccato.
Lasciamoci contagiare dall’amore di Gesù.
Lasciamoci infiammare.
Preghiamo intensamente che, per la comunione al suo corpo e al suo sangue, lo Spirito Santo possa generare in noi i suoi stessi sentimenti.
Perché possa fare di noi uomini e donne di fede tenace e appassionata, capaci di portare nelle nostre vite il fuoco vivo del suo amore.
O Dio, che hai preparato beni invisibili per coloro che ti amano, infondi nei nostri cuori la dolcezza del tuo amore, perché, amandoti in ogni cosa e sopra ogni cosa, otteniamo i beni da te promessi, che superano ogni desiderio. Per il nostro Signore Gesù Cristo.
don Riccardo


Quando la distrazione più inaspettata è un invito a riflettere
Una provocazione, certo, ma anche un promemoria: a volte, le interruzioni più inattese possono farci interrogare, costringendoci a riflettere sulle cose da una prospettiva inusuale. Ed è proprio con questo stesso spirito che Gesù, nel Vangelo di domenica 17 agosto, ci sfida con parole che irrompono nella nostra tranquillità e ci invitano a chiederci: qual è la nostra vera priorità/pace?
Il gatto entrato in chiesa durante la messa si è fatto notare, distraendo i presenti dall’ascolto e dall’attenzione alla liturgia. Dopo aver vagato per le navate, ha raggiunto l’altare esplorandone ogni angolo e poi, con un gesto inaspettato, si è sdraiato davanti all’arco santo come se fosse lì ad ascoltare.
Non è una storia di fede, ma di un gatto… o forse sì… E se fosse questo un segno?