Un Giubileo di nuove Amicizie!

Accoglienza, Gioia, Amicizia Il nostro Giubileo a San Vito! Condividiamo come piccola testimonianza il cartellone realizzato dal gruppo di catechismo medie di Fanna. Tra i 140 bambini e ragazzi delle varie Parrocchie della nostra Diocesi che il 25 maggio si sono incontrati per festeggiare il loro Giubileo a San Vito al Tagliamento c’era anche una rappresentanza di Fanna! Don Riccardo Alcuni di noi ragazzi partecipanti al catechismo di Fanna, siamo andati a San Vito per la giornata dei ragazzi organizzata dalla Diocesi di Concordia-Pordenone. All’arrivo ci hanno accolto mettendo in scena uno spettacolino che parlava di questo villaggio le cui fondamenta stavano crollando a causa della continua ossessione degli abitanti per l’oro, trascurando così le cose importanti. Alla fine di questa scenetta ci hanno diviso in più gruppi, i quali erano formato da membri provenienti da varie parrocchie. Con questi gruppi abbiamo svolto delle attività molto divertenti. Alla fine delle attività abbiamo finito di guardare la continuazione dello spettacolo e siamo tornati a casa. Abbiamo portato con noi il cartellone che abbiamo realizzato al catechismo durante l’anno, dal titolo «La speranza è…» È stata una bellissima esperienza vedere tutti qui ragazzi come noi ci siamo sentiti ben accolti come se ci conoscessimo da tanto tempo, un’esperienza che rifaremmo di nuovo perché abbiamo trascorso una giornata meravigliosa, emozionante, gioiosa e spensierata. Grazie! Emma, Matteo e Giovanni

Pasqua: la luce che riportiamo nel cuore, l’annuncio che vince il buio

Pasqua: la meta di un cammino Anche quest’anno la Pasqua a lungo attesa è arrivata: domenica 20 aprile le campane hanno suonato a festa, il sole splendeva, nelle case le famiglie si sono ritrovate a festeggiare. Come ogni anno, però, la Domenica di Pasqua non è una giornata a sé stante, ma è il culmine di un cammino di preparazione spirituale che abbiamo percorso come comunità cristiana. Questo cammino è iniziato già mercoledì 5 marzo, quando con l’austero segno delle ceneri abbiamo dato inizio alla Quaresima, tempo di penitenza e di conversione, con il quale ci siamo preparati a rivivere – durante la Settimana Santa – gli ultimi momenti della vita terrena di Gesù, dal suo ingresso trionfale a Gerusalemme fino alla Risurrezione, il mattino di Pasqua. Sono state giornate intense, che ci hanno visti coinvolti e impegnati in molti eventi significativi. Passati questi giorni è utile provare a “riavvolgere il nastro” per poter cogliere ancora meglio il senso e il significato di quello che abbiamo vissuto e celebrato insieme. Giovedì Santo “Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine” (Gv 13, 1). Al calare delle tenebre, la chiesa parrocchiale di Fanna si è trasformata  in un cenacolo, quel luogo intimo e familiare in cui Gesù ha voluto raccogliere attorno a sé i suoi discepoli per consegnare loro la sua eredità: il sacramento dell’Eucarestia e il comandamento dell’amore. Quella sera 19 bambini della comunione hanno vissuto il gesto della lavanda dei piedi, gesto che ci ricorda come essere cristiani richiede di vivere in uno spirito di amore e di servizio a imitazione di quello che Gesù ha fatto per noi.  Venerdì Santo “Era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima. Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori; e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti” (Is 53,3-5). Il Venerdì Santo è l’unico giorno in cui la Chiesa non celebra l’Eucarestia: alle 15.00, con una liturgia semplice e solenne allo stesso tempo, dove l’elemento chiave è il silenzio, abbiamo fatto memoria della passione di Gesù. Alla sera ci siamo fermati ancora una volta a meditare sul suo cammino doloroso verso il Calvario attraverso la preghiera della Via Crucis. Sabato Santo “Il Signore è mia parte di eredità e mio calice: nelle tue mani è la mia vita. Io pongo sempre davanti a me il Signore, sta alla mia destra, non potrò vacillare. Per questo gioisce il mio cuore ed esulta la mia anima; anche il mio corpo riposa al sicuro, perché non abbandonerai la mia vita negli inferi, né lascerai che il tuo fedele veda la fossa. Mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena alla tua presenza, dolcezza senza fine alla tua destra” (Sal 15, 5-11). “Grande silenzio su tutta la terra: il Re dorme”. Inizia pressappoco così un’antica omelia sul sabato santo. Un silenzio che sa di attesa, di vita che freme sotto la superficie, pronta a sbocciare. Nel buio della notte, la benedizione del fuoco e la luce del cero pasquale hanno dato inizio alla grande veglia. Con una candela in mano ci siamo messi in ascolto delle letture dell’Antico Testamento che pian piano hanno svelato ai nostri occhi la luce di un Dio che libera e che salva dal male e dalla morte. Al momento del Gloria, un suono di campane ha squarciato l’aria: il Signore della Vita è Risorto, e noi con lui! Domenica di Pasqua “Ecco due uomini presentarsi a loro in abito sfolgorante. Le donne, impaurite, tenevano il volto chinato a terra, ma quelli dissero loro: «Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto. Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea e diceva: “Bisogna che il Figlio dell’uomo sia consegnato in mano ai peccatori, sia crocifisso e risorga il terzo giorno”». Ed esse si ricordarono delle sue parole e, tornate dal sepolcro, annunciarono tutto questo agli Undici e a tutti gli altri” (Lc 24,4-9). Una notizia sconvolgente, ci ha detto don Alex il mattino di Pasqua: Gesù è Risorto! La Pasqua ci consegna la speranza in una Vita che vince la morte, ma anche il compito e la missione di portare nel mondo la luce che abbiamo incontrato in questi giorni. Dopo aver attraversato cammino lungo il deserto della Quaresima abbiamo accompagnato Gesù nel suo ingresso a Gerusalemme nella Domenica delle Palme, ci siamo seduti con lui alla tavola dell’amore e del servizio dell’Ultima Cena (Giovedì Santo), abbiamo condiviso con lui il dolore della Passione (Venerdì Santo) e il silenzio del sepolcro (Sabato Santo)… Dopo questo lungo viaggio finalmente sentiamo risuonare l’annuncio di gioia che tanto aspettavamo:  «La morte e la vita si sono affrontate in un prodigioso duello: il Signore della Vita era morto, ora regna, vivo. Cristo, nostra speranza, è risorto e precede i suoi in Galilea!» (dalla sequenza Victime Paschali). Ringraziamo Rosa Lombardi per le foto della Veglia di Pasqua 

Le Palme, dalla gioia della folla al silenzio della croce

Domenica delle Palme  “Tutta la folla dei discepoli, pieni di gioia, cominciò a lodare Dio a gran voce per tutti i prodigi che avevano veduto, dicendo: «Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore. Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli!»” (Lc 19, 37-38). Questo giorno è come un grande portale che ci fa entrare nella Settimana Santa: il gesto della processione con i rami di ulivo (o con rami di palma intrecciati, secondo una bella tradizione del Sud) ci ha aiutati a metterci nei panni dei discepoli che, più di 2000 anni fa, accolsero Gesù alle porte di Gerusalemme, acclamandolo come messia. Questo clima iniziale di festa un po’ stride con il fatto che in questo stesso giorno abbiamo ascoltato anche il racconto della passione, quest’anno nella versione di Luca: gioia e dolore, festa e lutto sono i due volti della vita, inscindibilmente intrecciati, e per questo li ritroviamo nelle celebrazioni  pasquali. Sarà la domenica di Risurrezione a sciogliere questo dilemma, mostrandoci la vittoria della Vita sulla morte. Nelle foto momenti delle varie celebrazioni, in ordine: Chiesa di San Remigio (Cavasso), Chiesetta di San Silvestr0 (Fanna), Chiesetta di San Leonardo (Orgense) e Santuario Madonna di Strada.

Pellegrini di Speranza

Alle radici della nostra chiesa diocesana Domenica 6 aprile 2025, primo pomeriggio: in una gradevole atmosfera primaverile una piccola delegazione delle nostre parrocchie di Cavasso Nuovo e di Fanna è salita a bordo della corriera diretta verso Concordia Sagittaria. Insieme alle altre parrocchie della nostra forania, che riunisce le comunità cristiane del maniaghese e della Val Meduna, abbiamo preso parte a un pellegrinaggio che ci ha portati a riscoprire le radici della nostra fede. Il pellegrinaggio, che è uno dei segni tipici dell’anno giubilare che stiamo vivendo, consiste nel mettersi in cammino verso un luogo sacro: esso ci aiuta a ricordare che la nostra vita è come un cammino che non procede a caso, ma bene indirizzato verso una meta che ancora non vediamo. In questo cammino siamo chiamati a sperimentare la fatica e la gioia di fare dei passi di crescita e abbiamo la possibilità di incontrare persone nuove lungo la strada. Perché a Concordia? La meta scelta, la cittadina di Concordia, è particolarmente significativa perché è il luogo dove si trova la cattedrale della nostra diocesi, ma soprattutto perché essa conserva la memoria dell’arrivo dei primi missionari cristiani nei nostri territori. Un fatto particolarmente significativo, avvenuto durante la grande persecuzione contro i cristiani dell’anno 304, è il martirio di 72 uomini e donne che si erano rifiutate di rinnegare la loro fede in Gesù. Se oggi nelle nostre terre siamo cristiani lo dobbiamo anche alla testimonianza coraggiosa di quei 72 che da ben 1721 anni sono venerati come i Santi Martiri Concordiesi. A destra, veduta della cappella dei martiri all’interno della Cattedrale. A sinistra si intravede (dietro la grata in ferro) l’urna contenente le reliquie dei martiri, dalle quali in passato trasudava un’acqua miracolosa. Le tappe del nostro pellegrinaggio Il nostro viaggio è iniziato con un momento di preghiera presso la cappellina vicino al fiume Lemene sorta su quello che la tradizione ricorda come il luogo dell’uccisione dei martiri, per poi proseguire con un piccolo pellegrinaggio a piedi verso la Cattedrale. Qui siamo rimasti un’oretta in preghiera con l’adorazione eucaristica, le confessioni e il canto dei Vespri. L’ultima tappa infine ci ha portato a fare un tuffo nel passato: scendendo di qualche metro sotto il livello del suolo abbiamo visitato gli scavi archeologici della Concordia Romana. Percorrendo un breve tratto della antica Via Appia abbiamo raggiunto la primissima chiesa costruita per custodire le reliquie dei martiri, un edificio modesto (molto più piccolo del nostro Santuario di Madonna di Strada) che ci riporta a un tempo in cui la comunità cristiana da cui discendiamo era solo un piccolo gruppetto di famiglie. Un piccolo gregge che ha iniziato a crescere rapidamente, richiedendo un ampliamento del luogo di culto: accanto alla piccola chiesa venne successivamente costruita la prima cattedrale di Concordia, consacrata nel 389 e distrutta qualche secolo dopo da un’inondazione, di cui abbiamo ammirato il bellissimo pavimento in mosaico dalla ricca simbologia. I mosaici della prima cattedrale di Concordia. L’immagine in basso è il cosiddetto “nodo di Salomone”, simbolo cristiano che rappresenta l’unione della natura umana e di quella divina nella persona di Gesù. Cosa ci portiamo a casa… Al tramonto del sole ci siamo rimessi in viaggio con le corriere per rientrare a casa. Abbiamo condiviso un’esperienza di cammino, di preghiera e di conoscenza del passato, ma soprattutto la memoria dei martiri ci ha riportati alla vera radice della nostra fede: vale la pena dare la vita per Cristo e per i fratelli. Ora sta a noi scegliere di vivere, oggi, con questo spirito, la nostra vita come “pellegrini di speranza”. I pellegrini della forania di Maniago in visita agli scavi. don Riccardo #comunitàcristiana, #pellegrinaggio, #fanna, #cavassonuovo, #foraniamaniago, #concordiasagittaria

Avvento, tempo di attesa e di speranza

L’Avvento Tempo di attesa Come ogni anno, il 25 dicembre celebreremo la grande solennità di Natale, in cui ricorderemo l’evento della nascita di Gesù, della venuta di Dio in mezzo a noi. Come ogni incontro veramente importante, quello con il Bambino di Betlemme necessita di una preparazione: il tempo di avvento, che sta volgendo al termine, ci permette di entrare in quella dimensione di attesa che tante volte viviamo con impazienza e fatica. Ci invita a rallentare, a dare il peso giusto ai giorni che passano, a preparare il cuore per accogliere la venuta del Signore in mezzo a noi. Una nascita a lungo attesa Il popolo d’Israele aveva avuto bisogno di un lungo cammino storico per accogliere la fede in un unico Dio, per stringere con lui un rapporto di alleanza, per conoscerlo poco a poco attraverso la parola dei profeti. Lungo questo cammino, durato secoli, da Abramo a Mosè, al re Davide e ai suoi discendenti fino a Giuseppe di Nazaret, in mezzo a guerre e a invasioni, nel popolo ebraico era cresciuta costantemente l’attesa di un Salvatore, di un intervento definitivo con cui Dio si sarebbe fatto vedere e avrebbe finalmente instaurato il suo regno sulla terra. Tutta questa attesa ha creato le condizioni perché gli uomini potessero accogliere la nascita di Gesù e potessero riconoscere in lui la presenza di Dio in mezzo a noi Ogni anno la Chiesa vive le quattro settimane di avvento come un tempo spirituale in cui rimettere al centro della nostra vita il senso dell’attesa della venuta (in latino adventus, da cui il termine “avvento”) di Gesù in mezzo a noi. La corona La tradizione di realizzare nelle nostre chiese ma anche nelle nostre case una corona dell’avvento ci permette di avere davanti agli occhi un segno visibile di questo tempo di attesa: una ghirlanda di rami sempreverdi (colore della speranza in una vita capace di resistere al gelo invernale e di resta in attesa della bella stagione) variamente decorata su cui sono inserite quattro candele, una per ogni domenica d’Avvento. Le candele possono avere i colori più svariati, ma spesso si sceglie di adottare il colore liturgico della domenica corrispondente, cioè quello dei paramenti usati dal sacerdote durante la celebrazione dell’eucarestia: il viola, colore penitenziale dell’attesa, per la prima, la seconda e la quarta domenica di avvento, mentre la terza domenica, associata al tema della gioia, può essere di colore rosa. La tradizione popolare ha attribuito a ciascuna candela un significato particolare, associandola a un personaggio o a un luogo legato all’attesa di Gesù: La prima candela è detta “del Profeta” poiché ricorda le profezie sulla venuta del Messia. La seconda candela è detta “di Betlemme”, per ricordare la città in cui è nato il Messia. La terza candela è detta “dei pastori” i primi che videro ed adorarono il Messia. La quarta candela è detta “degli Angeli”, i primi ad annunciare al mondo la nascita del Messia. Custodi e testimoni della luce Accendere una candela ogni domenica ci restituisce il fatto che, con il passare di queste quattro settimane, c’è un crescendo di luce e di calore fino al giorno in cui, il 25 dicembre, ricorderemo la venuta del mondo di Gesù, che è “la luce vera, quella che illumina ogni uomo” (Gv 1,9), come sentiremo proclamare il giorno di Natale. Non le luci elettriche, che pur decorano le nostre case e le nostre città, ma la fiamma viva del fuoco, che ci affascina e ci trasmette un senso di calore e di fiducia. Allo stesso tempo però, la fiamma della candela è fragile, basta un colpo d’aria per spegnerla, e questo perché la anche la fede, anche il nostro rapporto con Dio, come tutte le cose belle e buone della vita ha bisogno di essere continuamente alimentata e custodita in attesa che il Signore venga a visitarci. Don Riccardo Mior #Avvento, #TempodiAttesa, #Natale, #Gesù, #Riflessioni, #Tradizioni, #Speranza, #Luce, #CoronadellAvvento, #Preghiera, #PreparazionealNatale, #Gioia, #Pace, #Comunità, #Chiesa, #Bibbia, #Profezia, #Betlemme, #Pastori, #Angeli

Orari d'ufficio

Si consiglia di prenotare l'appuntamento

© 2025 • Parrocchia San Remigio, Cavasso Nuovo PN, cf 90002410935 • Parrocchia San Martino, Fanna PN, cf 90003150936

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